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Andrea di Cantine Matrone, il nuovo artista del Lacryma Christi

La storia

La strada che dalla piccola piazza di Boscotrecase porta fino al cono del Vesuvio venne costruita dall’ing. Gennaro Matrone alla fine dell’800 e resa poi carrozzabile ufficialmente nel 1927. La storia di Cantine Matrone inizia qui, con l’acquisto di due ettari di terreno che diventeranno in seguito il simbolo di una nuova era per il Lacryma Chisti del Vesuvio.

“Se oggi vuoi far parlare di te o investi in risorse economiche o ti inventi dei metodi alternativi”

A plasmare questa idea è Andrea, giovane laureato in Viticoltura ed Enologia alla facoltà di agraria di Portici, che con diverse esperienze all’estero, decide di fare ritorno nel suo paese natale. Nel 2014 assieme a suo cugino Francesco fonda Cantine Matrone: il progetto è ben definito, Andrea è determinato nel voler fare vini eccellenti e magari portare anche una ventata di innovazione in quella che è da sempre la storica denominazione del Vesuvio.

Nonostante ciò nei primi anni la cantina non trova uno sbocco commerciale. Il Vesuvio può essere un’opportunità per certi versi, ma da diversi anni alcuni brand affermati non lasciano molto spazio ai nuovi arrivati. La svolta arriva con l’alberello: l’azienda decide di reimpiantare quasi un ettaro di vigneto coltivandolo con questo storico (ma in controtendenza) sistema di allevamento della vite.

L’alberello

L’alberello consiste nel far crescere la pianta senza un sostegno (vivo o secco che sia) lasciandola bassa con un altezza comprensa tra i 50-80 cm. È un sistema di allevamento che abbiamo ereditato dagli Etruschi e si utilizza soprattutto in condizioni climatiche non favorevoli. Il sistema ad alberello infatti riesce ad ottimizzare le risorse idriche della pianta avendo un fusto relativamente piccolo. Questa tecnica di coltivazione può regalare ottimi risultati in termini qualitativi a sfavore della quantità vista la resa molto bassa.

La visita all’azienda

Conosco Andrea da diversi anni, ma nonostante ciò ogni volta che ci incontriamo ne esco arricchito. Qualche settimana fa prendiamo appuntamento per provare le nuove annate (che a breve vi racconto!). Ci vado in compagnia di Federica Denza, ma per un contrattempo arriviamo quasi ad ora di pranzo. La cantina di Andrea è piccola ed accogliente, sottoposta, con un piccolo ufficio al piano terra.

Ci fa accomodare e ci mettiamo subito all’opera con i vini. Quattro vini, due annate per il Lacryma Christi Bianco. Finita le degustazione ci invita a rimanare per pranzo: accettiamo a patto che la formula sia la classica “senza cerimonie”! Saliamo in casa sua e sulle pareti trovo affissi tanti dei suoi dipinti che raccontano di Vino, Vesuvio e territorio con uno stile davvero originale. Accanto ad essi la sua chitarra e tanti LP che ricordano la sua anima blues.

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“Vedi Antonio, se oggi vuoi far parlare di te, o investi in risorse economiche o ti inventi dei metodi alternativi” sostiene Andrea e per molti versi direi che centra il concetto in pieno. Dalla dispensa tira fuori un caciocavallo, una caciotta e una sopressata, pane cafone e olio. Il “pusher” gastronomico è Giulia, la sua compagna di origini Pugliesi. Parliamo di vino e ovviamente di come questa annata sià stata particolare a causa del coronavirus e delle restizioni, in modo particolare nel nostro settore.

A stomaco pieno andiamo a visitare il vigneto di piedirosso (quello coltivato ad alberello), che si estende attorno ad un vecchio edificio che ha fatto da rifugio nella 2° Guerra Mondiale. Il suo sogno è vivere lì un giorno, nella quiete del Parco Nazionale del Vesuvio.

“Credo nelle crescita lenta, perchè penso che le aziende che crescono troppo velocemente corrono il rischio di cadere altrettanto velocemente”.

Ci spostiamo in un altro vigneto di caprettone con una vista spettacolare sul mare. “In questo posto vorrei organizzare delle degustazione in futuro”: azzeccatissimo a mio parere. Secondo me il bello di Andrea è proprio questo: nonostante sia un uomo semplice, non smette mai di avere idee concrete ed innovative. La visita volge al termine, ci salutiamo con affetto con l’augurio di vederci presto.

La degustazione

Ovviamente in successione ci siamo dedicati prima ai bianchi e dopo ai rossi, ma io preferisco metterli in ordine di percezioni sensoriali.

Spasso

Ultima etichetta nata in Cantine Matrone, Spasso è un vino ottenuto da due vitigni minori, cancello e cascaveglia, non iscritti al registro delle uve da vino, ma bensì accorpate assieme al piedirosso. La fermentazione è spontanea ed ottenuta da lieviti indigeni. Spasso è un vino molto schietto, non impegnativo, ottimo per refrigerarsi dalla calura estiva se tenuto a temperatura giusta (10-12° C). Purpureo alla vista con piccoli accenni rubino, con un bouquet profumato di frutti rossi oltre ad un accenno vegetale di foglie secche. Al gusto è piacevolissimo, poco tannico e decisamente fresco, ben bilanciato e mediamente lungo. Lo immagino con un baccalà all’acquapazza.

Lacryma Chisti del Vesuvio Rosso 2017

Piedirosso per il 90% e aglianichiello (un biotipo di aglianico tipico del Vesuvio) per la restante parte. Colore rubino fitto con guizzi purpurei, movimento che mostra buona consistenza. Appena aperto il naso era leggermente ridotto, ma è bastato aspettare qualche minuto per scorgere i sentori tipici del piedirosso, geranio e fiori rossi, petali di rosa e accenni fumè. Ingresso caldo e buon viluppo di freschezza e sapidità. Buona persistenza. Melanzane a scarpone.

Lacryma Chisti del Vesuvio Bianco 2018

Il colore è paglierino lucente con piccole sfumature dorate. Il naso è davvero interessante per questo vino ottenuto quasi totalmente da caprettone e un piccola percentuale di falanghina: frutti gialli di primo impatto, pesca e melone di pane su tutti, nocciola e fieno entrano in gioco poco dopo. Il gusto è perfettamente equilibrato, con discreta acidità e sapidità e ottima morbidezza. Fine e persistente il finale leggermente di mandorla. Risotto agli asparagi selvatici.

Lacryma Chisti del Vesuvio Bianco 2017

Piccola verticale per questo Lacryma Christi Bianco a confrontro con l’annata precedente. Malolattica svolta parzialmente, macerazione fermentativa e nessuna chiarifica. Il colore è dorato smagliante che riflette la luce nel bicchiere ed intorno. Al naso leggera ossidazione, note balsamiche e frutto appena accennato, rosmarino e erbe officinali. In bocca è leggermente tannico, sbilanciato sulle durezze: freschezza e sapidità che prevalgono sulla morbidezza. Più teso della 2018 diversamente da quanto ci si aspetta, non semplice da interpretare, ma con uno stile tutto suo che non dimentichi di sicuro. Questo vino al momento per me rappresenta l’anima blues del viticoltore. Del resto come dice Andrea “Il vino è come la musica, è una questione di stile.”

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Contatti

Cantine Matrone soc. agricola a r. l.
Via Tenente Luigi Rossi 16 – 80042 Boscotrecase (NA)
Telefono: +39 3392841451
Email: info@cantinematrone.it